CUI PRODEST? – A CHI GIOVA?
Con delibera del consiglio comunale n. 11 del 13.03.2023, l’amministrazione Gambini ha deciso d inserire, tra i beni comunali da vendere, la “Porzione di Fabbricato di interesse storico, sito in Via Santa Chiara, del Comune di Urbino, nel centro storico, distinto al catasto fabbricati al foglio 265 con i mappali 796,799, 798, 801. La pozione in oggetto si sviluppa in 3 livelli: Pianta Piano Cortile interno, Pianta piano rialzato, Pianta Primo Piano ed una superficie complessiva per le porzioni di piano interessate di 1454 mq. Attualmente utilizzate dagli Uffici Tecnici Comunali. Il prezzo a corpo d’asta e di €. 4.000.000,00 (quattromilioni/00); la vendita è subordinata all’Autorizzazione della Sovraintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio, ai sensi dell’art. 57 bis del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.22).”
Al di là di quello che deciderà la Sovraintendenza, il PD urbinate ritiene che, il solo pensare e poi formalizzarlo in un atto, la vendita di parte del Monastero di S. Chiara, perché è di Santa Chiara che stiamo parlando, è assurdo, inconcepibile e da il senso della sensibilità storico/culturale della nostra giunta.
Quale politica perseguono Gambini, e la sua giunta, nel vendere uno dei beni storici di Urbino, un gioiello di famiglia, che testimonia, ed è, la storia di questa città, indicato in tutte le guide turistiche?
Quale politica perseguono Gambini, e la sua giunta, invece nell’ acquistare ferri vecchi, vedi l’acquisto dell’ Ex Osca a Canavaccio per 750 mila euro (compresi oneri accessori), o la ex sede della MEGAS al Sasso per 950 mia euro (compresi oneri accessori)? Senza tener conto di quanto poi costerà sistemare le 2 aeree in funzione del bene pubblico.
Qual è il senso politico e di visione futura nel non aver un polo culturale completo all’interno della città?
Il Partito Democratico per quanto riguarda i locali del Monastero di Santa Chiara, anche in considerazione di quanto già esiste: la vicinanza della Biblioteca Universitaria in Via san Girolamo, che di fatto confina con il Monastero; della Emeroteca dell’Università , sempre in Via S. Chiara; della Fondazione Marise e Carlo Bo; dell’ISIA sita nello stesso complesso monumentale, ritiene che il corretto utilizzo dei locali sia la creazione di una Biblioteca comunale, di cui chiunque ami la cultura sente la mancanza, con spazi adeguati ad organizzare anche iniziative culturali, presentazioni di libri, conferenze, rassegne letterarie, letture ad alta voce, attività dedicate ai bambini e ai ragazzi.
Questo si che farebbe aumentare la visibilità culturale della città e la sua vivibilità.
Ma del resto si sa, questo sindaco e questa giunta, hanno demandato la “cultura” al sig. Sgarbi… rendendolo addirittura prosindaco e tutti noi abbiamo sotto gli occhi quanto da lui fatto per Urbino…
No alla candidatura come capitale italiana della cultura, briciole per gli anniversari di Raffaello e del Duca Federico, relegando di fatto Urbino a succursale di altre città anche nella nostra provincia.
Tra qualche mese ci saranno le elezioni e siamo certi che i cittadini di Urbino comprenderanno l’importanza di una visione prospettica sulla città che non può non prevedere il riappropriarsi culturalmente del Centro, di renderlo vivibile a tutti e non solo ad alcuni gruppi, quindi non fermandosi alla pur meritoria e necessaria sistemazione delle strade.
Per meglio comprendere ecco l’excursus storico: il Monastero di Santa Chiara è l’antico monastero delle clarisse di Urbino. Si tratta di uno dei principali monumenti storici della città ed uno dei massimi esempi di architettura rinascimentale. Fu costruito nel 1420 per ospitare il Conservatorio delle donne vedove; nel 1456 ricevette la regola dell’osservanza di Santa Chiara da Papa Callisto III per intercessione del duca Federico III da Montefeltro. Nel 1457 vi si ritirò in clausura la prima moglie del duca Federico III, Gentile Brancaleoni e nel 1472 vi fu sepolta la seconda moglie del duca, Battista Sforza. Nel 1482 anche Elisabetta da Montefeltro, una delle figlie del duca Federico III, si ritirò in questo monastero, dopo la morte del marito Roberto Malatesta; dopo alcuni anni divenne suora e con la sua dote avviò la ristrutturazione del monastero stesso, su progetto dell’architetto senese Francesco di Giorgio Martini, rimasto incompiuto per le sfavorevoli contingenze storiche. Successivamente i Della Rovere intervennero sulla chiesa conventuale tra XVI e XVII secolo. Dal 1538 divenne il Mausoleo ducale con la sepoltura del duca Francesco Maria I Della Rovere, della moglie Eleonora Gonzaga, del figlio, il cardinale Giulio Della Rovere, della nuora Giulia Varano e della nipote Eleonora o Lavinia Della Rovere. Nel 1864 la struttura fu confiscata dal Comune, che la destinò a Istituto di educazione femminile.